Stanley Jaki,
una vita dedicata al rapporto scienza-fede
Antonio Colombo
Questo testo rispecchia una presentazione tenuta a Roma per la prima volta nel 2016, all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, nell’ambito del Master in Scienza e Fede.
L’immagine in basso a sinistra nella figura a fianco
proviene dall’edizione originale di Domande su scienza e religione. È
stata preparata da Padre Jaki, e simboleggia il cuore della questione: sullo
sfondo ci sono dei punti interrogativi, ossia delle domande, poi c’è
un’immagine dell’universo, come è stato ricostruito dalle indagini sulla
radiazione cosmica di fondo, e il centro (dove sarebbe la nostra galassia) è
ricoperto da una serie di croci, a rappresentare la religione cristiana (e non
genericamente una religione).
Quindi, Domande su scienza e religione, pubblicato nel 2004.
Il libro è stato tradotto in italiano e pubblicato dall’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum nel 2008.
L’immagine a destra ritrae Padre Jaki nel 2007, durante una visita all’Eremo di Santa Caterina, sul Lago Maggiore.
Ma torniamo indietro nel tempo, e partiamo con un paio di citazioni.
Le circostanze per cui Dio ci fa passare
sono fattore essenziale e non secondario
della nostra vocazione, della missione a cui ci chiama.
– Luigi Giussani, L’uomo e il suo destino. In cammino, Marietti, Genova 1999, p. 63.
Questa frase di don Giussani, ci ricorda
che Dio non interviene nella nostra vita solo in maniera miracolosa, come è
capitato a San Paolo sulla via di Damasco, ma interviene attraverso una serie
di segni che ci sono inviati nella nostra vita di tutti i giorni, e che siamo
liberi di seguire oppure no. Questi segni sono ciò che teologicamente si
definisce una vocazione, una chiamata.
Naturalmente le parole di Giussani non
sono che l’eco di una frase di Gesù, che troviamo nel Vangelo di Giovanni:
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto
voi e vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto e il
vostro frutto rimanga;
–
Giovanni 15,16
Ognuno di noi può constatare nella sua vita questo modo di procedere del Signore.
Come esempio del modo con cui Dio
interviene nella vita delle persone possiamo citare il mio santo protettore,
Sant’Antonio da Padova, che in realtà era portoghese e il cui nome di battesimo
era Fernando.
Sant’Antonio da Padova ha trovato la sua
strada (di predicatore e taumaturgo), mentre desiderava morire martire in
Marocco, seguendo l’esempio di Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto,
cinque frati noti come Protomartiri Francescani, decapitati in Marocco il 16
gennaio 1220. Quello stesso anno Sant’Antonio che era agostiniano, si fece francescano.
Partì per l’Africa, si ammalò
(probabilmente di febbri malariche), e dovette imbarcarsi per ritornare in
Portogallo. Ma la nave incontrò una tempesta, e deviò dalla rotta fino ad
arrivare in Sicilia. Qui Antonio trovò rifugio in un convento francescano
presso Messina. Da qui, con i confratelli, si recò ad Assisi per il Capitolo del
1221. In quell’occasione vide sicuramente San Francesco, ma probabilmente non gli parlò.
Alla fine dell’incontro, frate Graziano, saputo che era un sacerdote, lo inviò a
Montepaolo, in una piccola comunità francescana. Da qui, nel 1222, si recò con
la comunità a Forlì, per assistere a delle ordinazioni. In maniera fortuita (il
predicatore ufficiale si era ammalato, e nessuno voleva sostituirlo) gli fu
chiesto di predicare, e qualcuno notò che aveva predicato bene. Dopo essere
tornato a Montepaolo gli fu chiesto (e in qualche modo San Francesco fu
coinvolto nella cosa) di lasciare l’eremo e di darsi subito alla pubblica
predicazione.
Nell’immagine vediamo un episodio
accaduto a Rimini. L’eretico Bonvillo (che non credeva nella presenza di Gesù
nell’Eucaristia) aveva promesso di convertirsi se la sua mula (digiuna da tre
giorni) avesse adorato l’ostia consacrata, invece che mangiare la biada che gli
sarebbe stata offerta. E così avvenne.
(Domenico Beccafumi, Sant’Antonio e il miracolo della mula, 1537, Museo del Louvre)
In altre parole, càpita che la nostra vocazione ci venga incontro mentre cerchiamo di fare altro.
Padre Jaki (nell’immagine si vede il suo
nome originario ungherese – in Ungheria i nomi vengono dopo il cognome) è nato a Győr in Ungheria, il 17 agosto 1924.
Padre Jaki afferma di aver sentito che
la sua vocazione era il sacerdozio, fin dall’età dei 7-8 anni (MM 18).
Nel 1942, a 18 anni, ha chiesto di essere ammesso al
noviziato presso i Benedettini a Pannonhalma,
dopo aver frequentato un liceo, tenuto dai benedettini,
nella sua città natale di Győr.
Pannonhalma è la più
importante abbazia ungherese; nella biblioteca del convento sono conservati
alcuni fra i più antichi manoscritti ungheresi.
Prima di entrare in seminario aveva svolto varie attività, fra cui il canottaggio, e la recitazione in una filodrammatica. Qui lo vediamo in divisa da boy-scout. Come boy scout divenne un Eagle Scout (solo il 10% degli scout diviene un Eagle Scout).
Nella foto a fianco, scattata verso la fine degli anni ‘30, vediamo la famiglia Jaki al completo. Da sinistra il figlio minore Teodoz, la sorella maggiore, la sorella minore, il fratello grande Zeno, e sulla destra Stanley Jaki. Delle due sorelle, la minore, Etuska è morta nel 1942, per una malattia, all’età di quindici anni.
Quanto ai tre fratelli, questi hanno
fatto tutti una scelta comune (ma non comune), ossia quella di diventare monaci
benedettini. La foto, presa negli anni ’40, li ritrae tutti e tre in seminario,
a Pannonhalma.
I tre fratelli si sono per così dire espansi in maniera differente.
Il maggiore, Zeno, al centro, ha passato
tutta la sua vita a Pannonhalma, con vari incarichi, fra cui quello di maestro
dei novizi. È morto nel 2012.
Il fratello minore, Teodoz, che è morto
nel 2013, si è sempre interessato di musica, ed ha passato la sua vita nel
convento benedettino di Győr, dirigendo cori religiosi, ma anche compiendo
un’opera culturale di notevole interesse, volta alla conservazione del
patrimonio musicale ungherese tradizionale, che sarebbe altrimenti andato
disperso a motivo del Trattato di Trianon (1920), in conseguenza del quale il territorio ungherese venne drasticamente ridotto, col risultato che molti ungheresi si trovarono a essere cittadini degli stati confinanti.
Nel 1947 Padre Jaki venne inviato a Roma a completare gli studi presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, il centro romano dell’Ordine Benedettino. Venne ordinato sacerdote nel 1948, ad Assisi, dal Vescovo benedettino Mons. Giuseppe Placido Nicolini. Nell’immagine si vede parte della benedizione papale pervenuta per l’occasione (nella parte non mostrata campeggia, ovviamente, un ritratto di Pio XII).
Nel dicembre 1950 Padre Jaki ottenne un dottorato in teologia, con una tesi, scritta in francese, sulle Tendances nouvelles de l’ecclesiologie. Suo relatore di tesi fu Mons. Cipriano Vagaggini, un teologo che contribuì in seguito alla stesura del documento conciliare sulla liturgia, la costituzione Sacrosanctum Concilium. La tesi venne poi pubblicata (1957) ed ebbe anche una seconda edizione nel 1963, in occasione del Concilio Vaticano II. Una recensione a questo testo venne fatta all’epoca dal futuro Card. Ratzinger, il quale molti anni dopo disse all’autore: “Oh, Padre Jaki, il suo Tendenze, che ho recensito molto volentieri, occupa un posto d’onore nella mia biblioteca” (MM 17). Di questo libro, che in un certo senso definisce Jaki come teologo, riportiamo solo la citazione di Sant’Agostino che conclude il libro: “Ebbene, fratelli, tenetevi tutti stretti, insieme, a Dio come padre, e alla Chiesa come madre.” (TN 264). Questo amore alla Chiesa genererà parecchie delle sue opere, in particolare quelle dedicate al primato di Pietro.
Il 18 agosto 1949, il Parlamento
ungherese approvò la nuova costituzione, la prima carta fondamentale scritta
nella storia del paese. Era basata sulla costituzione sovietica del 1936. Nel 1950
erano sopravvissuti solo 6 di 182 conventi (fra questi Pannonhalma, che era
uno dei luoghi simbolo dell’Ungheria). Quindi, venne ordinato a Padre Jaki di non
tornare in Ungheria. Poiché la sua tesi era scritta in francese, si aspettava
di essere inviato in Francia... Invece gli fu ordinato di andare negli Stati
Uniti. “Sono arrivato a New York il 21 dicembre 1950”
(MM 20).
Una settimana dopo arrivò al Seminario di San Vincenzo, in Latrobe, Pennsylvania
(sulla Costa Orientale degli Stati Uniti), e qualche mese
dopo cominciò quella che si prospettava come una carriera di insegnamento.
Insegnava infatti francese all’annesso
College, e teologia nel Seminario. In particolare i trattati: De Deo Uno, De
Deo Creante, De homine et gratia, e De Novissimis.
(CSC 13).
Questi temi teologici
hanno, ovviamente, vaste ramificazioni, che toccano sia la filosofia che la
scienza. Fu così che Padre Jaki cominciò a interessarsi della problematica
scientifica, leggendo libri su libri di autori come Eddington e Jones, scienziati
che facevano anche della divulgazione scientifica.
In particolare alcuni scritti di
Eddington sembravano suggerire che la creazione dell’universo potesse essere
provata a partire dalle leggi sull’entropia (che, puntando a una situazione di
evoluzione verso uno stato di morte termica – per la continua degradazione
dell’energia – suggerivano che, se si stava andando verso una “fine”, doveva
esserci stato anche un “inizio”). Gli sarebbe divenuto chiaro più avanti che,
mentre la scienza certamente puntava a un inizio (il cosiddetto Big Bang) la scienza
in quanto tale non poteva dire nulla su quel che precedeva l’inizio, ossia
sulla creazione vera e propria, in quanto non misurabile in alcun modo. Nelle
sue parole “è stato allora che mi è venuta l’idea di trovare una prova certa e
convincente dell’esistenza di Dio, a partire dalla fisica e dall’astronomia
moderne. Guardando indietro, questa era un’idea avventata, ma forse naturale
per un accademico che non aveva ancora compiuto trent’anni”
(ABR 70-71).
Padre Jaki ha scritto “mi è sempre piaciuto leggere libri e imparare. (...)
volevo imparare (...) per comprendere, diffondere e difendere la mia religione cattolica, che, a livello intellettuale, è un insieme di proposizioni con ramificazioni di dimensioni enormi”
(MM 18).
È per questo che, fra il 1951 e il
1954 (mentre stava già insegnando) per migliorare la sua comprensione della
fisica, ha frequentato dei corsi di matematica e fisica, fino ad ottenere una
laurea in fisica nel 1954. Lo stesso anno (dopo gli opportuni studi di storia e
letteratura americana) è anche diventato cittadino americano, ed è con un
passaporto americano che è tornato per la prima volta in Ungheria, nel 1964.
È stato però a partire dal 9 dicembre
1953 che la sua carriera di insegnante è stata interrotta. Il “fattore decisivo”
è stato un evento estremamente banale: l’asportazione delle tonsille,
un’operazione assolutamente di routine, ma non nel suo caso. Alcuni giorni dopo
l’intervento sopravvennero due successive emorragie, le cui conseguenze
pratiche furono che Padre Jaki si trovò afono per i successivi dieci anni. Quel
poco di voce che gli rimaneva era insufficiente per proseguire l’attività di
insegnante, come fu facile constatare, ma non gli impediva di continuare a
studiare.
Come scrisse: “Non c’è voluto molto per decidere cosa fare del tempo che mi ritrovavo a disposizione. Avendo una laurea in fisica, ho iniziato, nell’autunno del 1954, un dottorato di ricerca. Le mie speranze erano che, oltre a ottenere il dottorato di ricerca in fisica, avrei anche trovato la prova che cercavo dell’esistenza di Dio” (ABR 71). Questo è quello che Padre Jaki fece fino al 1957, all’Università di Fordham, l’università di New York gestita dai Gesuiti.
Come scrisse: “Quattro anni dopo avevo un dottorato (Ph.D.) in fisica, ma non la prova che
andavo cercando”
(ABR 71).
Fra i suoi insegnanti c’era il premio
Nobel 1936 per la Fisica, Victor Hess. Tra i due nacque una simpatia, che
sfociò in una tesi preparata da Padre Jaki sotto la sua direzione e discussa
nel 1957, e quella tesi a sua volta generò un articolo firmato dai due sulla
prestigiosa rivista Journal of Geophysical Research. La vedova di Hess
confidò in seguito a Padre Jaki che Hess aveva nel suo cuore un posto speciale
per Padre Jaki
(MM 23).
La tesi aveva per titolo Uno studio della
distribuzione di radon, thoron [che
sono dei gas rari] e dei loro prodotti di decadimento sopra e sotto il
terreno. Anche se il titolo può sembrare piuttosto astruso, è noto
che questi gas sono una fra le cause dei tumori al polmone (al secondo posto
dopo il fumo delle sigarette). Questa è, per sua stessa ammissione, l’unica
attività scientifica di tipo sperimentale che Padre Jaki abbia effettuato. La
sua tesi di dottorato (di tipo sperimentale) aveva convinto Padre Jaki che la
scienza esatta aveva a che fare con misurazioni e predizioni, e che se non era
in grado di farne, non si trattava di scienza (o almeno di scienza esatta).
A quel punto Padre Jaki fu ordinato di
trasferirsi in California, a Portola Valley, vicino all’università di Stanford,
dove con altri benedettini che erano dovuti venire via dall’Ungheria, fondò una
scuola, la Woodside Priory School (tuttora esistente). Poiché la voce era
sempre assente, Padre Jaki si occupava della parte amministrativa, e, incredibile
dictu, era alla guida della Station-Wagon che fungeva da Scuolabus per
alcuni allievi della scuola.
“Fortunatamente, le mie corde vocali non
erano ancora in grado di permettermi di insegnare. Questo implicava che avevo a
mia disposizione molto tempo per studiare. (...) Mi era divenuto evidente che
la questione di una prova scientifica dell’esistenza di Dio aveva dietro di sé
una storia piuttosto importante. Per questo motivo, ho passato gli anni dal
1958 al 1960 studiando storia e filosofia della scienza a Stanford e Berkeley [che
sono due importanti università americane, molto ben dotate dal punto di vista
delle biblioteche]. È stato allora che ho ricevuto la risposta al mio problema.
Per ragioni legate al metodo della scienza fisica, non è possibile costruire
una prova irrefutabile dell’esistenza di Dio basata sui dati e sulle
conclusione della fisica. Ma questo significava anche che la fisica non era in
grado di fornire neppure un argomento contro l’esistenza di Dio”
(ABR 71).
Nel 1960 (anche per motivi di salute – il clima della California era troppo secco) Padre Jaki si trasferì nei pressi di un’altra grande università, sulla costa Est degli Stati Uniti, Princeton. In questa università, fra il 1961 e il 1963, lavorò al progetto di Storia della Scienza, come Visiting Fellow (borsista post-dottorato).
È qui che è nato il progetto del suo primo libro dopo la tesi (The Relevance of Physics). Padre Jaki ricorda che “l’idea mi è venuta mentre scendevo gli
scalini dell’ufficio postale di Princeton, in Palmer Square”.
Quest'ufficio postale (rimasto in servizio fino al 2015), era una delle “tappe” quotidiane di Padre Jaki. Qui ritirava la posta dalla cassetta postale 167. L'altra “tappa” era una visita alla chiesa della vicina parrocchia cattolica di Saint Paul.
“Tutti i mali e i problemi della nostra
società moderna provengono da un’enfasi mal riposta sul metodo scientifico, o
quantitativo. Altri l’avevano detto molto prima di me, ma un aspetto del
problema doveva ancora essere sviscerato in dettaglio. Quest’aspetto speciale
consisteva nel fornire una documentazione dettagliata delle limitazioni della
fisica, utilizzando le parole dei fisici più rilevanti. La presentazione delle
limitazioni della fisica, per essere convincente, doveva essere fatta dai fisici
stessi, e da fisici di tutte le epoche”
(ABR 71).
Questa intuizione riguardo al metodo
quantitativo sarebbe poi maturata nella sua definizione di scienza come “studio
degli aspetti quantitativi degli oggetti in movimento”
(vedere p.es. DQ 13).
Detta nella formulazione di Eddington:
“La separazione fra il dominio scientifico e quello extra-scientifico
dell’esperienza non è, secondo me, una separazione fra il concreto e il
trascendentale, ma fra il misurabile e il non misurabile”
(NPW 275).
In altre parole, tutto quello che è
misurabile è oggetto della fisica. Quello che NON è misurabile NON è oggetto
della fisica. Padre Jaki è ritornato spesso su questo concetto, e citava a
questo riguardo una frase tratta dall’opera di Aristotele “Le categorie”. In
essa si dice che dei numeri non si può predicare “più o meno”, o, nella
traduzione italiana: “La quantità non accoglie il più e il meno”. Il numero
cinque non può essere “più o meno” cinque (nel senso che è
cinque oppure NON è
cinque, ma non può essere “all’incirca” cinque). Per altre categorie, per
esempio la bellezza, si può dire “più o meno bello”.
È questo il motivo per cui ha scritto La rilevanza della fisica (un libro di
600 pagine).
Sulla copertina si legge: “La fisica è
diventata lo strumento più potente che l’uomo abbia a disposizione per indagare
e rivelare i fatti nascosti che riguardano la natura inanimata. Sono i suoi
metodi e le sue intuizioni ugualmente rilevanti per altre aree dell’umana
conoscenza?”
La risposta, naturalmente, è negativa,
per cui Padre Jaki scherzava dicendo che il titolo avrebbe dovuto essere L’irrilevanza
della fisica. Il libro parte da una disamina dei tre modelli di
interpretazione dell’universo, quello organismico proprio degli antichi Greci,
quello meccanicistico di Newton, e quello contemporaneo, basato sulla
matematica. Vengono poi esaminati i rapporti della fisica con la biologia, con
la metafisica, con l’etica e con la teologia.
Un libro che completava quello sulla Rilevanza
della fisica (Brain, Mind and Computers - Cervello, mente e
computer) è uscito nel 1969.
Nel 1965, mentre il libro sulla
rilevanza della fisica era già in bozze presso un’importante casa editrice
americana (la Chicago University Press) il decano dell’università di
Seton Hall, passò dalla Cappellania cattolica dell’Università di Princeton,
dopo Padre Jaki alloggiava, e offrì a Padre Jaki un posto di professore
universitario nel Dipartimento di Fisica,
con il solo l’obbligo di tenere un seminario a cadenza
settimanale, e con l’obbligo non scritto di continuare a scrivere.
Fu così che Padre Jaki entrò a Seton
Hall, l’università cattolica del New Jersey, distante poco più di un’ora di
macchina da Princeton (meno di cinquanta miglia, abbastanza vicino a Newark,
appena a sud di New York). L'università prende il nome da Elizabeth Ann Seton (1774-1821), la prima santa statunitense.
Padre Jaki definì questa svolta della sua vita come
un essere stato “damnatus ad litteras”, ossia condannato a scrivere,
cosa paragonabile al “damnatus ad metalla” degli antichi romani,
una condanna ai lavori forzati in miniera.
Il motivo reale per cui Padre Jaki continuò a risiedere nei dintorni di
Princeton era la disponibilità di biblioteche e libri (maggiore di quella di
Seton Hall) in particolare alla Biblioteca Firestone della quale era un
affezionato cliente. Dopo il 1965 Padre Jaki, (col permesso dei superiori)
dapprima alloggiò nello scantinato che una vedova affittava agli studenti,
e in seguito in un appartamento
a lui affittato dalla vedova stessa. L’appartamento era a pochi minuti di
macchina da Princeton, sulla strada che da Lawrenceville conduce a Trenton, la
capitale del New Jersey. L’appartamento, in realtà era occupato quasi
interamente da libri...
Dopo la pubblicazione del libro sulla Rilevanza
della fisica, Padre Jaki proseguì la sua attività di storico in due
direzioni. La prima aveva a che vedere con la documentazione di fatti rilevanti
della storia dell’astronomia, la seconda con la storia della scienza.
Il primo volume delle sue ricerche astronomiche è Il paradosso del
paradosso di Olbers (1969), ossia la ricerca della ragione per cui il cielo
notturno sia scuro e non chiaro come il giorno. Se l’universo fosse omogeneo e
infinito, le leggi sulla diffusione della luce richiederebbero che la luce
notturna sia uguale a quella diurna, ed evidentemente così non è. Olbers era un
astronomo tedesco del XIX secolo, ma l’effetto che porta il suo nome ha una
storia che risale indietro di secoli. Incidentalmente la soluzione del
paradosso di Olbers implica che l’universo NON sia infinito e NON sia eterno,
una conclusione a cui la scienza è arrivata nel XX secolo, mentre nel XIX
secolo si credeva il contrario. Nel XX secolo Einstein ha affrontato la cosa
dal punto di vista di un altro paradosso, parallelo a quello di Olbers, il paradosso
gravitazionale, che implica un collasso gravitazionale (se l’universo fosse
infinito ed eterno, sarebbe già diventato un’unica grossa palla). Dal punto di
vista filosofico, è qui in questione il problema dell’infinità ed eternità
dell’universo.
Un altro volume riguardava La Via Lattea, una strada elusiva per la
scienza (1976), una delle cause dell’abbandono della visione aristotelica
del cosmo, dal momento in cui Galileo si accorse che non di una via si
trattava, ma di un agglomerato di stelle, in effetti la nostra galassia. Dalle osservazioni
di Galileo (1610 - Sidereus Nuncius) fino alla realizzazione che la Via
Lattea era la nostra galassia, è passato più di un secolo (Lambert,
circa 1750). Un altro secolo e mezzo è passato prima di comprendere (con Hubble) che
le nebulose erano altre galassie. Oggi si stima che il loro numero sia
dell’ordine dei 500 miliardi.
Un altro libro ancora affrontava le
teorie sulla formazione dei pianeti Pianeti
e pianetari (e sui loro abitanti – Planetiarians sono gli abitanti
dei pianeti). La questione filosofica soggiacente era quella dell’esistenza di
altre forme di vita nell’Universo. Kant, ad esempio, riteneva che i pianeti del
sistema solare fossero abitati. Lo stato della questione oggi è ancora non
risolto. È certo che i luoghi dell’universo favorevoli alla vita non sono
frequenti. Se c’è vita, potrebbe essere costituita da organismi monocellulari
“estremofili”, ossia capaci di sopravvivere in condizioni estreme di freddo o
di caldo. Ci sono anche notizie recenti di scoperte di pianeti “simili alla
Terra”, ma siamo ben lontani dal poter concludere qualcosa sull’argomento.
Padre Jaki per conto suo era molto scettico sulla possibilità di altra vita
intelligente nell’universo. Nel 2000 è uscito un suo libriccino sull’argomento:
Forse da soli nell’universo, dopo tutto. È stato scritto dopo l’uscita
di Rare Earth - Perché la vita complessa è così poco comune nell’Universo,
un libro (di Peter Ward e Donald Brownlee - anche questo uscito nel 2000) che
trattava del problema.
Le ricerche del progetto SETI (Search
for Extra Terrestrial Intelligence), iniziate nei primi anni ‘70, non hanno ancora
dato (a distanza di più di 50 anni) alcun esito.
In parallelo con le ricerche sulla
storia dell’astronomia, Padre Jaki, che già aveva citato Pierre Duhem nel libro
sulla Rilevanza della fisica, ne ha in un certo senso completato
l’opera nell’ambito della storia della scienza.
Pierre Duhem (1861-1916), scienziato, storico e filosofo
francese, aveva letteralmente scoperto l’origine medievale della scienza
moderna, nell’opera di personaggi come Buridano e Oresme, che erano vissuto in
Francia nel XIV secolo. È a loro che si deve la teoria dell’impetus, che
sarebbe stata riformulata secoli dopo con il nome di “principio di inerzia”,
una delle tre leggi di Newton. L’opera più monumentale di Duhem è il Système
du Monde, in 10 volumi, una storia delle dottrine cosmologiche da Platone a
Copernico. Padre Jaki si è posto la domanda: Perché la scienza moderna è potuta
nascere solo nel medioevo cristiano, e non in altre epoche e in altre civiltà?
La risposta a questa domanda si trova in
un lavoro del 1974, Science and Creation. Il libro esamina i motivi della
mancata nascita della scienza in tutte le antiche civiltà, nonché la sua unica
nascita nella civiltà (cristiana) europea, a partire dal Medioevo. Uno degli
impressionanti punti comuni a tutte le antiche civiltà era un’idea ciclica del
tempo, una generalizzazione del ciclo delle stagioni, che, attraverso l’idea
del “grande anno” supponeva che tutto sarebbe un giorno ricominciato da capo, e
che quindi era inutile chiedersi come funzionava il mondo. Solo la concezione
ebraico-cristiana del tempo era invece di tipo lineare, con un inizio, la
creazione, e uno svolgersi nel tempo fino al ritorno [per i cristiani] di
Cristo. Come abbiamo detto, nel ricercare la storia della nascita della
scienza, Padre Jaki si imbatté nell’opera di Pierre Duhem, alle cui ricerche
storiche dobbiamo le prime informazioni sulle origini medioevali della scienza
moderna. Padre Jaki “adottò” questo studioso, e ne scrisse anche una biografia
nel 1984, andando a rintracciare in Francia documenti originali che lo
riguardavano. Padre Jaki dedicò poi altri libri sia a Pierre Duhem che a sua
figlia Hélène, cui spettò il non facile compito di completare la pubblicazione
degli ultimi volumi del Système du Monde dopo la morte del padre. Duhem,
di cui era nota la ferma fede cattolica, era stato grandemente osteggiato dal
laicissimo mondo accademico francese, che gli impedì di ottenere, come avrebbe
meritato, una cattedra di insegnamento a Parigi e non a Bordeaux.
Questa, ripresa da una edizione del
cinquecento è la formulazione originale in latino del principio di inerzia, data da Buridano.
La parte citata è delimitata da una piccola barra rossa verticale.
Questa è la stessa frase, resa comprensibile (sempre in latino).
Questa è la stessa frase, tradotta in
italiano:
“Inoltre, poiché la Bibbia non afferma
che ci siano delle intelligenze che muovono opportunamente i corpi celesti, si
potrebbe dire non sembra necessario supporre intelligenze di questo tipo, perché
si direbbe che quando Dio creò il mondo, mosse ciascuno dei corpi celesti come
Gli piacque; e movendoli Egli impresse a ciascuno di essi un impetus che li mantiene in movimento, così
che Egli non ha più bisogno di muoverli, se non esercitando un influsso
generale, simile a quello per cui Egli partecipa a tutte le azioni che si
producono.
In questo modo il settimo giorno Egli riposò da ogni opera che aveva
fatto, delegando ad altri le azioni e le passioni al posto Suo.
E questo impetus che Egli impresse ai corpi celesti
non si è indebolito né è venuto meno in seguito, dato che tali corpi non
possedevano alcuna inclinazione verso altri movimenti, e dato che non esisteva
neppure una resistenza che avrebbe potuto corrompere o reprimere
quell’impetus.
Ma questo affermo non in
maniera assoluta, ma intendo chiedere ai preti che sono teologi che mi
istruiscano in queste cose, in che modo ciò possa avvenire.”
La citazione proviene da un commento alla Fisica di Aristotele,
Ioannis Buridani Expositio Et Quaestiones in Aristotelis Physicam Ad Albertum de
Saxonia Attributae.
La si ritrova citata dapprima in Duhem (sia nel
Système du Monde che nei suoi libri su Galileo) e poi in Jaki.
Ecco il commento che ne fa Padre Jaki:
“Questo testo è una miscela di buona
teologia e di una fisica che conteneva elementi positivi, imperfetti e
negativi: nella storia, ciò che è valido non nasce mai perfetto nella sua forma
originale. In quella concezione della fisica era senz’altro valido il
riferimento all’attrito che diminuisce la quantità di moto impressa a un corpo
particolare. Dal punto di vista della fisica, il riferimento di Buridano
all’assenza di attrito sembrerebbe di primaria importanza, dato che il moto
inerziale è concepibile solo se non vi sono forze esterne, come l’attrito, che
agiscono su un corpo in movimento. Solo in questo caso il corpo può conservare
la sua quantità di moto, che Buridano chiamava impetus e che più tardi
fu chiamata momento. Gli elementi negativi, molto negativi, si celavano dietro
il riferimento di Buridano alla ‘inclinazione, in questi corpi celesti, verso
altri movimenti’. Ed imperfetta era l’idea di Buridano di un moto circolare
inerziale. Buridano non era ancora tanto Newtoniano da capire che un moto
veramente inerziale non poteva essere circolare, ma solo rettilineo.
Quasi trecento anni più tardi Galileo
ancora sosteneva che il moto dei pianeti e della terra era inerziale, a
dispetto delle loro orbite circolari. E questo valeva certamente anche per
Copernico, il quale, rispondendo alle obiezioni generate dall’esistenza di un
duplice movimento della terra, dimostra di conoscere le idee di Buridano sul moto
inerziale. Copernico venne a conoscenza del pensiero di Buridano, che lesse nei
commentari di questi all’opera cosmologica di Aristotele, Sui cieli,
mentre era studente a Cracovia: la biblioteca della locale università conserva
ancora una dozzina di copie manoscritte dell’opera di Buridano, e altre se ne
trovano in tutte le biblioteche delle più importanti università medievali. È
questa la prova, se ce ne fosse bisogno, che le idee di Buridano furono accolte
da un vasto consenso, e poi ulteriormente sviluppate dal suo discepolo, Nicola
di Oresme, che dopo essere succeduto a Buridano alla Sorbona divenne vescovo di
Lisieux.”
Questa spiegazione si trova in un
opuscolo di Padre Jaki: Cristo e la Scienza, pubblicato nel 2000 (nel
2006 in italiano).
Nel libro The Savior of Science,
Padre Jaki completa il tracciato iniziato in Scienza e Creazione,
domandandosi se il credo specificamente cristiano abbia avuto importanza per la
nascita della scienza, e quindi se Gesù sia veramente (anche) il Salvatore
della Scienza.
Una concezione non ciclica del tempo era
comune a Ebraismo, Cristianità e Islam. L’Ebraismo, dopo Cristo (che
dall’ebraismo è sempre stato screditato oppure ostentatamente ignorato)
tendeva, filosoficamente, ad andare verso il panteismo, ignorando il fatto
della creazione dal nulla e nel tempo.
L’Islam ha avuto per secoli il monopolio
dei testi di Aristotele, ma non è stato capace di estrarre da essi scienza
alcuna. L’idea islamica di Dio imponeva di considerare quelle che noi chiamiamo
leggi naturali come delle semplici consuetudini. Questo fatto è
stato così descritto da Mosè Maimonide, il più lucido filosofo ebreo del
Medioevo, nella sua Guida per i perplessi.
“Essi [gli islamici] dicono che le cose
che esistono con certe forme, dimensioni e proprietà costanti e permanenti
seguono solo la direzione della consuetudine, proprio come il re, solitamente,
cavalca per le vie della città, e non devia mai da questa sua abitudine; ma la
ragione non trova impossibile che egli possa camminare a piedi per attraversare
il posto: non c’è dubbio che egli possa farlo e questa possibilità è pienamente
ammessa dall’intelletto. Analogamente, la terra si muove verso il centro
[ossia, le pietre cadono sempre nella stessa direzione], il fuoco si dirige
sempre lontano dal centro [ossia, verso l’alto]; il fuoco causa il calore,
l’acqua causa il freddo, secondo una certa consuetudine; ma, logicamente, non è
impossibile che una deviazione da questa consuetudine possa capitare, ovvero,
che il fuoco possa causare il freddo, muoversi verso il basso, ed essere ancora
un fuoco...’
(GP 128).
I cristiani, invece, avevano,
naturalmente, Cristo, l’Unigenito, il solo Figlio Generato del Padre, in cui
ogni cosa era stata creata. Quindi l’universo era una semplice creatura (la
possibilità del panteismo era esclusa), e [l’universo] doveva essere razionale,
in quanto espressione di un Dio benevolo. Nelle parole di Padre Jaki: “Se il Logos
è pienamente divino, la sua opera creativa [ossia l’universo] deve essere
un modello di logica e di ordine”
(SS 83 (82)).
Questa constatazione è stata una potente
motivazione per molte ricerche nel corso dei secoli, comprese quelle effettuate
dall’abate Copernico, o, in un altro ambito, quelle dell’abate Mendel nel campo
della genetica.
In questo senso, quindi come garanzia
della razionalità dell’Universo, Gesù è il Salvatore della Scienza.
La prima edizione del Salvatore della
Scienza è stata tradotta in italiano, ed è anche uscito un libriccino con
la traduzione di un opuscolo dal titolo Cristo e la scienza.
Quest’opuscolo riprende, in breve i temi dell’opera sul Salvatore della
Scienza. Padre Jaki ha scritto parecchi di questi opuscoli, sia per
riassumere in breve temi di opere più impegnative, sia per proporre temi che si
prestavano a una trattazione concisa.
L’immagine a fianco costituisce una
panoramica (incompleta) degli opuscoli di Padre Jaki. La “produzione” totale di
Padre Jaki (comprese ristampe, collezioni di saggi e traduzioni in varie
lingue) arriva a un totale di più di 700 elementi.
Tra i titoli il più curioso è forse To
Rebuild Or Not To Try, che ricorda un episodio accaduto sotto Giuliano
l’Apostata (attorno al 360). Egli diede il permesso agli Ebrei di ricostruire
il Tempio, ma la cosa non ebbe seguito a causa di un terremoto, e non fu più
ritentata dopo la morte di Giuliano l’Apostata, che avvenne poco dopo. Il
problema è a tutt’oggi uno dei più grossi in Israele.
Negli anni 1974/75 e 1975/76 a Padre
Jaki fu chiesto di tenere le Gifford Lectures, una serie di letture
prestigiosa. Una delle opere più famose di Gilson fu appunto il testo di una Gifford
Lecture: Lo spirito della filosofia medievale. Dalle conferenze di
Padre Jaki venne fuori una storia della scienza, pubblicata in inglese nel
1978, e tradotta in italiano nel 1988, sotto il titolo “La strada della scienza
e le vie verso Dio”. La tesi soggiacente al libro è che un moderato realismo è
la posizione filosofica che meglio favorisce lo sviluppo
della scienza. Jaki è vicino filosoficamente al “realismo metodico” di Gilson,
e non manca di rilevare come le pastoie che l’idealismo di Kant ed Hegel
mettevano alla scienza non abbiano prodotto niente di positivo in campo
scientifico.
Anche se Le strade della Scienza
non è stato il primo testo di Padre Jaki ad essere tradotto in italiano, è
quello con il quale ho iniziato a conoscere la sua opera. In seguito ho
continuato a interessarmi a lui nella lingua originale (l’inglese), che mi è
familiare per motivi di lavoro. Ho anche tradotto in italiano dei testi di
Padre Jaki, per differenti editori.
Alcune delle idee che hanno motivato Il Salvatore della Scienza si ritrovano
nell’opuscolo Science and Religion: a Primer. Le pagine finali di questo
libriccino sono modellate sull’ultimo capitolo del Realismo metodico di
Gilson, – intitolato “Qualche consiglio
per chi vuol essere realista” (e che contiene una trentina di osservazioni sul
fatto che – in pratica – è impossibile non essere realista). Padre Jaki
riassume invece in una ventina di frasi la sua posizione sull’argomento
“scienza e fede”.
Il motivo per cui la Jaca Book si era decisa a tradurre La strada della scienza è piuttosto semplice. Alfred Nobel, che sta all’origine dei premi Nobel, pur essendo nominalmente un luterano, non era particolarmente religioso. Per questo fra i premi Nobel non è previsto alcun premio collegato alla religione, anche se occasionalmente dei premi per la pace sono stati attribuiti a personalità religiose. Per rimediare a questa lacuna John Marks Templeton, uomo d’affari e filantropo americano/inglese (1912-2008) ha istituito nel 1972 un premio che porta il suo nome, “per il progresso nella religione”. A Padre Jaki fu conferito questo premio nel 1987, e prima di lui l’avevano ricevuto fra gli altri Madre Teresa (1973), Frère Roger di Taizé (1974), il Card. Suenens (1976), Chiara Lubich (1977), Solzhenitsin (1983) e dopo di lui Polkinghorne (2002) e Jean Vanier (2015). È questa la ragione per cui l’editrice Jaca Book tradusse il libro di Jaki, e per la quale Padre Jaki venne invitato al Meeting di Rimini nel 1988.
Oltre alla medaglia, che qui vediamo, il premio consisteva in una notevole somma di denaro. La motivazione diceva tra l’altro: “Il professor Stanley Jaki ha offerto al mondo, in una serie di opere di grande erudizione e originalità, una reinterpretazione della storia della scienza, che getta luce sul rapporto fra scienza e cultura, e su quello, non meno importante, tra scienza e fede.” Si parla dei suoi lavori nel campo dell’astrofisica, che hanno messo in rilievo la contingenza dell’universo, vista come un argomento a favore dell’esistenza di Dio. È ricordato anche come lo studio della scienza non gli abbia impedito di essere un profondo teologo, e sono menzionati sia il premio Lecomte du Nouy (1970), che le Gifford Lectures. La frase conclusiva è: “È soprattutto per il suo immenso contributo a stabilire un ponte fra scienza e religione, e per il suo aver lasciato spazio–in mezzo alla scienza moderna più avanzata–per una fede profonda e sincera, che ha ricevuto il Premio Templeton.”
Nel 1990 Padre Jaki fu chiamato a far parte come Membro Onorario (ossia come membro non direttamente impegnato nella ricerca scientifica) della Pontificia Accademia delle Scienze. Padre Jaki partecipò a quasi tutte le riunioni plenarie dell’Accademia da allora in poi. Tutti i suoi contributi ai lavori dell’Accademia, oltre ad essere sparsi negli Atti delle sessioni plenarie, sono stati riuniti nel volume Lezioni nei Giardini Vaticani (sulla copertina c'รจ la Casina di Pio IV, il luogo dove ha sede la Pontificia Accademia delle Scienze).
Qui lo vediamo nel 2008 mentre, in Piazza del Sant'Uffizio saluta il premio Nobel per la medicina 1978, lo svizzero Werner Arber, allora vice-presidente, e in seguito, fino al 2017, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.
Padre Jaki ha anche curato alcune traduzioni di opere non disponibili in inglese. Anche queste traduzioni sono state fatte per fini “apologetici”. Le tesi discusse nell’opera giovanile di Immanuel Kant Universal Natural History and Theory of the Heavens (Storia universae della natura e teoria del cielo), in particolare quelle relative agli abitanti degli altri pianeti del sistema solare, mostrano bene quanto fosse carente la formazione scientifica di Kant. Analogo discorso per la traduzione della Cena de le Ceneri di Giordano Bruno, che appoggia la teoria copernicana (per demolire Aristotele), ma nega l’utilità delle misurazioni esatte in scienza, ossia evidenzia lo scarso spirito scientifico di una persona che passa tuttora per un martire della scienza. E le Lettere di Johann Heinrich Lambert (filosofo, matematico, fisico e astronomo svizzero) sull’universo, anche se importanti per la storia dell’astronomia, cadono per il loro non appoggiarsi alle osservazioni sperimentali.
Una sintesi dell’opera di Padre Jaki si può trovare nel libro Domande su scienza e religione, disponibile anche in italiano. In questo libro, la cui scrittura ha richiesto parecchi anni (qualche capitolo era già scritto nel 1999), sono condensate le risposte che Padre Jaki ha dato più dettagliatamente in parecchie altre opere. È quindi un buon punto di partenza per chi fosse interessato ad approfondire i temi principali trattati da Padre Jaki.
Altre due opere che sono venute dopo Domande su scienza e religione, e che sono state scritte appositamente per il Master in Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sono (riportiamo solo le traduzioni italiane): Il confine invalicabile, o la separazione fra scienza e religione (2008 - tradotto 2010) e Il miraggio del conflitto fra scienza e religione (2011 - tradotto 2014). Padre Jaki è morto nel 2009; quest’ultima opera riflette le lezioni tenute a Roma nella primavera del 2009, qualche settimana prima della sua morte. In un certo senso sono “le sue ultime parole”, anche se sappiamo che aveva in mente di scrivere un libro su Apologetica in un’epoca scientifica.
Quasi a complemento del discorso su Scienza e Fede, Padre Jaki si è occupato dei rapporti fra Bibbia e Scienza. La sua opera principale in proposito è Bible and Science (1996 - trad. italiana 2015), che è stata seguita, nel 1998, da Genesi 1 attraverso le epoche, un libro interamente dedicato alla storia dei commenti al primo capitolo del libro della Genesi, che contiene il racconto della creazione. Questo capitolo della Genesi è al centro di polemiche da parte di tutta la modernità, per via della creazione in sei giorni. Dopo una lunga disamina della storia delle interpretazioni di quel capitolo (nella quale si oppone al concordismo), Padre Jaki giunge alla conclusione che l’obiettivo principale del capitolo, oltre alla presentazione di Dio come creatore, è quello che conclude la narrazione: “Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando”. L’epoca in cui il capitolo ha raggiunto la sua forma definitiva (al ritorno dall’esilio in Babilonia) richiedeva di motivare la popolazione a tornare a seguire le usanze tradizionali, ovvero la circoncisione e il riposo del sabato. Dio è quindi utilizzato come esempio del riposo sabbatico, dopo che ha compiuto l’opera più grande immaginabile, e cioè la creazione dell’universo, vista (secondo le concezioni cosmologiche allora correnti in quell’area) come la costruzione di una grande tenda, avente come tetto il firmamento, sopra del quale erano le acque, sulle quali poggiava anche il pavimento della tenda cosmica, la terra.
Dopo che Padre Jaki è morto (Madrid, 7
aprile 2009), una serie di suoi scritti, che erano pronti per la pubblicazione,
sono stati mandati in stampa negli anni successivi, dalla casa editrice Real View Books, un ente no-profit
fondato dallo stesso Padre Jaki, che detiene i diritti sulle sue opere, e ne
assicura la permanenza in stampa. La casa editrice ha sede a New Hope, nel
Kentucky, presso una comunità del
Terz’Ordine Domenicano, che ha come missione la stampa di letteratura per
le parrocchie e per il movimento per la vita. Ne è responsabile Dennis J. Musk.
Il libro visibile in alto a sinistra è il primo
libro pubblicato da Real View Books nel 1994. Real View Books è nata con l’idea
di ripubblicare testi introvabili che avessero interesse per i cattolici. Il
libro del Cardinal Newman Difficoltà degli Anglicani raccoglie una serie
di conferenze che Newman tenne per superare le obiezioni che gli Anglicani
potevano avere alla conversione verso il cattolicesimo. In seguito Real View
Books ha anche pubblicato molti libri di Padre Jaki, e ristampe di suoi libri
originariamente usciti presso altri editori.
Ad oggi (ottobre 2024) tutto ciò che
Padre Jaki aveva in animo di pubblicare è stato pubblicato.
È stata stampata una nuova edizione di Science
and Creation e di alcune altre opere che erano andate esaurite nel frattempo.
Peraltro ho personalmente catalogato oltre un centinaio di
inediti (due scatoloni) presenti, sotto forma di stampe da computer o di
dattiloscritti, fra le sue carte. Molti di questi sono solo testi di conferenze
che, in altra forma, sono già confluiti in qualche suo libro o in qualche
raccolta di saggi. Ci sono anche discorsi tenuti a fine anno scolastico (in
occasione della consegna di diplomi), testi di omelie pronunciate a matrimoni,
recensioni, traduzioni di articoli in altre lingue e altro ancora, compresa una
novena a San Giuda Taddeo.
Ho anche personalmente curato il backup
dei suoi vari PC e degli oltre 500 floppy disk che contenevano i suoi file. In
pratica ciò vuol dire che quasi tutti quello che Padre Jaki ha scritto a
partire dal 1990 è disponibile in forma elettronica. Il numero di file
contenuti nel backup è tale che un’esplorazione degli stessi rivelerebbe molto
probabilmente ulteriori inediti. I libri che Padre Jaki aveva in casa (oltre
5000) e le carte di Padre Jaki sono ora all’università di Seton Hall. La
collezione delle sue opere (quasi completa) è invece presso l’editrice Real
View Books, a cui sono stato lasciati da Padre Jaki i diritti sulla sua opera.
L’anima della casa editrice Real View
Books è Dennis Musk. Traduzioni di opere di Padre Jaki continuano ad apparire,
sia in Francia che in Italia. Ho anche notizie di traduzioni in ungherese e in
russo. Questo spiega perché l’indice delle pubblicazioni disponibile
sul sito di Padre Jaki continua, sia pure lentamente, a crescere.
Anche se il tema principale attorno a
cui ruotava l’attività di Padre Jaki era il rapporto scienza-fede, non mancano
altri temi toccati da Padre Jaki. Li vediamo qui brevemente. Iniziamo da temi
relativi alla dottrina cattolica: per cominciare, il papato: Il volume
intitolato “Le chiavi del Regno” affronta la questione del papato dal punto di
vista delle “chiavi” di Pietro e del loro significato. Il secondo volume sullo
stesso tema parte invece dalla Terrasanta. Si intitola “E su questa pietra: la
testimonianza di una terra e di due alleanze”.
Uno degli opuscoli di Padre Jaki, che in
un certo senso integra il discorso sul primato di Pietro, riporta testimonianze
da parte della patristica orientale (prima dello scisma), in favore del primato di Pietro:
Testimonianze dell’Ortodossia orientale sul primato del papa.
Un altro tema che stava a
cuore a Padre Jaki è trattato nel libro dedicato al celibato ecclesiastico. Di
bioetica si occupa invece una raccolta di saggi che è stata tradotta anche in
italiano. Padre Jaki ha anche difeso l’enciclica Humanae Vitae di Papa
Paolo VI, e parlato (difendendo Giovanni Paolo II) dell’inammissibilità di un
sacerdozio femminile.
Negli ultimi anni della sua vita Padre Jaki ha anche scritto una serie di libretti su argomenti fondamentali di teologia. Un paio di questi (quelli su Gesù e sulla Chiesa) sono disponibili anche in italiano.
Padre Jaki aveva una predilezione
particolare per i convertiti, i quali spesso dimostrano nella loro nuova fede
più vivacità intellettuale ed acume apologetico che non i “cattolici dalla
culla”, e per quanto possibile li aiutava. Seguiva il gruppo americano noto
come Coming Home, ossia il gruppo formato dai convertiti dal
protestantesimo che “tornano a casa” nella chiesa cattolica.
Uno degli autori preferiti da Padre Jaki
era appunto un convertito: Gilbert Keith Chesterton. A lui Padre Jaki ha
dedicato parecchi articoli, ma un solo libro, Chesterton, a Seer of Science,
ossia un visionario riguardo alla scienza. Ricordiamo che Chesterton è stato
tutt’altro che tenero con lo scientismo che dominava la sua epoca.
Un altro libro Padre Jaki ha dedicato
alla conversione al cattolicesimo (1924) del Premio Nobel per la letteratura
norvegese (1928) Sigrid Undset. La Undset morì nel 1949, dopo aver terminato di scrivere una biografia di Santa Caterina da Siena. Sia Sigrid Undset che Santa Caterina sa Siena erano terziarie domenicane.
Le ricerche fatte sulla conversione di Sigrid
Undset sono state un’impresa particolarmente laboriosa, che ha richiesto anche
la traduzione per la prima volta di alcuni testi della Undset dal norvegese in
inglese. Padre Jaki ha anche visitato i luoghi dove ha abitato la Undset.
Ma il convertito col quale Padre Jaki ha passato più tempo è senz’altro San John Henry Newman, il più illustre convertito del XIX secolo, che Padre Jaki ha citato fin dalla sua tesi di laurea. A Newman Padre Jaki ha dedicato parecchi libri e decine di articoli e conferenze. E ha anche fatto ristampare alcune opere di Newman oggi quasi introvabili. Una delle sue preoccupazione era quella di non lasciare che Newman fosse trasformato nel precursore di un ecumenismo, molto in voga dopo il concilio Vaticano II, tendente a minimizzare le differenze dottrinali con i protestanti. Su questo punto Padre Jaki ha commentato alcune opere di Newman, mostrandone il carattere profondamente cattolico e ricordando i devastanti giudizi da Newman pronunciati riguardo alla dottrina della giustificazione di Lutero e riguardo alla Chiesa Anglicana. Forse l’opera più significativa di Padre Jaki in argomento è il libro Newman to Converts: An Existential Ecclesiology (Newman ai convertiti: un’ecclesiologia esistenziale), frutto di una meticolosa ricerca svolta a Birmingham nella biblioteca stessa di Newman, e nel quale si tracciano (desumendo il materiale dalle lettere di e a Newman e da documentazione dell’epoca), le vicende che hanno portato alla conversione di una ventina di persone dall’anglicanesimo al cattolicesimo. Tutte queste persone avevano chiesto consiglio a Newman, e il consiglio che Newman dava può ben riassumersi in una delle frasi poste all’inizio del libro: “Non passano molti giorni senza che io riceva lettere da sconosciuti, giovani e vecchi, uomini e donne, riguardo alla religione cattolica. Io rispondo loro che essa è la sola e l’unica religione vera e certa” (NC vii). Insieme alla copertina dell’opera principale, si può vedere quella della versione breve, di trentadue pagine, dal titolo L’unico vero gregge: Newman e i suoi convertiti.
Padre Jaki si è anche interessato alla tematica dei miracoli, in particolare dedicando un libro intero al “miracolo del sole a Fatima”, avvenuto il 13 ottobre 1917, che è anche il tema di uno dei suoi opuscoli. Un altro libro è stato dedicato all’immagine della Vergine di Guadalupe. Su Lourdes, Padre Jaki ha ripubblicato un’opera scritta dal premio Nobel per la medicina Alexis Carrel, il The Voyage to Lourdes (VL). Il libro di Carrel è disponibile anche in italiano (senza la prefazione di Padre Jaki). Ho personalmente accompagnato Padre Jaki all’ostensione della Sindone del 2000, ma sulla Sindone non si è mai deciso a scrivere qualcosa. Padre Jaki ha anche scritto un libro dedicato ai miracoli in generale, Miracoli e Fisica (1989). La fisica deve fare del suo meglio per spiegare fenomeni fin qui inesplicabili, ma deve anche prendere atto di ciò non riesce a spiegare.
Fra gli interventi di Padre Jaki ci sono
articoli per riviste, oppure conferenze presso università. Molti di questi
testi sono stati raccolti in forma di libro, con il primo saggio che dà il
titolo al libro, seguito da “e altri saggi”. Ne mostriamo qui solo alcuni.
Padre Jaki ha anche commentato salmi,
preghiere, il credo apostolico, e le litanie approvate per l’uso dalla chiesa
universale. In effetti, quando si è sentito male (qualche settimana prima di
morire) stava finendo le ricerche per scrivere l’introduzione a un commento
(uscito postumo) alle litanie del Sacro Cuore.
Riguardo a Padre Jaki e alla sua
vocazione, egli fin da bambino desiderava diventare sacerdote, e questo senza
dubbio è successo. Senza la spietata persecuzione attuata dal comunismo in
Ungheria, non sarebbe mai stato inviato in America. Senza le conseguenze di una
banale asportazione delle tonsille non sarebbe mai passato dall’insegnamento a
una carriera di scrittore. Molte altre vicende della sua vita di scrittore sono
dipese da incontri “casuali” (o provvidenziali). Ricordo ancora quando mi
chiese di cercare su Internet notizie sulla conversione di Sigrid Undset. Io
gli risposi che c’era poco materiale, e lui iniziò a “scavare”, e incontrò
persone che l’aiutarono in questa ricerca e ne venne fuori un libro. Dal mio
punto di vista, il mio proprio incontro personale con Padre Jaki (1999) è il
risultato di una serie di coincidenze altamente improbabili (oppure, anche qui,
provvidenziali). Io non sarei capace di scrivere una riga di quel che Padre
Jaki ha scritto, ma ero in grado di fargli da correttore di bozze, una funzione
che altrimenti avrebbe dovuto svolgere lui stesso. Questa cosa ha di fatto
“velocizzato” la sua attività di scrittore negli ultimi dieci anni della sua vita,
come si può constatare dalla lista delle pubblicazioni.
Per concludere, mi sembra adatto citare
qualche riga dalla sua autobiografia intellettuale A Mind’s Matter
(La materia di una mente). Anche questo libro è
molto utile per comprendere l’itinerario intellettuale di Padre Jaki, una
traduzione italiana è uscita nel 2024.
“La vita è un purgatorio, qualche volta
una prova del fuoco, per dei motivi che a volte ci restano oscuri. Alcuni di
questi motivi diventano chiari, riguardando all’indietro, dopo qualche anno, o
talvolta dopo qualche decennio. Altri motivi ci restano oscuri, e diverranno
chiari solo quando la frase sub specie
aeternitatis vorrà dire per noi uno sguardo su tutta la nostra vita, e non
soltanto una prospettiva fiduciosa da mantenere, prima che la nostra ora su
questa terra sia compiuta. Fino ad allora dovremmo accontentarci del fatto che militia
est vita hominis super terram (Giobbe 7,1) (su questa terra la vita
dell’uomo è un servizio militare), per ricordare dalla Vulgata una sobria
riflessione di un uomo, Giobbe, che certamente ha subito molte prove nella
vita. Quindi la nostra battaglia deve andare avanti, tenendo in mente la frase
“bastano pochi bravi Marines”, che riassume una teologia veramente
esistenziale. La frase fa venire in mente l’equivalente teologico di un soldato
semplice, che è il grado del “servo inutile” del vangelo, che fa soltanto il
proprio dovere. Possa questa rimanere la preoccupazione principale della mia
mente”
(MM 258).
Un’altra frase biblica che Padre Jaki
amava citare è:
“Lotta sino alla morte per la verità, il
Signore Dio combatterà per te”.
–
Siracide 4,28
Per indicare alcune opere citate sopra sono state utilizzate delle abbreviazioni :
ABR – Stanley Jaki, The Absolute Beneath the Relative and Other Essays (Lanham, MD/London: University Press of America; Bryn Mawr, PA: Intercollegiate Studies Institute, 1988), viii + 233pp.
CSC – Paul Haffner, Creation an Scientific Creativity: A study of the Thought of S. L. Jaki (Leominster: Gracewing, 20102), xiv + 329pp.
DQ – Stanley Jaki, The Drama of Quantities (Port Huron, MI: Real View Books, 2005), viii + 76pp.
GP – Moses Maimonides, The Guide for the Perplexed (New York: Dover Publications, 1956), lix + 414pp.
MM – Stanley Jaki, A Mind’s Matter: An Intellectual Autobiography (Grand Rapids, MI: Wm. B. Eerdmans, 2002), xiv + 309pp. Due ulteriori capitoli sono stati aggiunti in seguito, intitolati, rispettivamente, Five Years Later e Three More Years.
NC – Stanley Jaki, Newman to Converts: An Existential Ecclesiology (Pinckney, MI: Real View Books, 2001), xii + 529pp.
NPW – Arthur Eddington, The Nature of the Physical World (New York: The Macmillan Company; Cambridge, England: The University Press, 1929), xvii + 361pp.
TN – Stanley Jaki, Les tendances nouvelles de l’ecclesiologie (Roma: Casa Editrice Herder, 1957), 274pp.
SS – Stanley Jaki, The Savior of Science (Grand Rapids, MI: Wm. B. Eerdmans, 2000), vi + 253pp. Traduzione italiana della prima edizione: Il Salvatore della scienza. (Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1992), 228pp.
VL – Alexis Carrel, The Voyage to Lourdes (Frazer, MI: Real View Books, 1994), 95pp. Fra le traduzioni italiane: Viaggio a Lourdes - Frammenti di Diario - Meditazioni. (Brescia: Morcelliana, 1956), 143pp.